Riforma dell’ordinamento professionale
Inserimento nella sezione A dell’Albo di elenchi suddivisi per specializzazioni
Roma 4/12/2017
Abbiamo preso visione e lettura dell’ Emendamento all’ Art. 19, A.S.2942, presentato da alcuni senatori, condiviso con il Ministro Orlando, ed ora riproposto nella Legge di Stabilità alla Camera che andrebbe a modificare l’ordinamento professionale, inserendo nell’Albo unico, sezione A, un elenco di specialisti. Ci risulta che l’emendamento sia stato concordato con il Consiglio Nazionale in indirizzo, e che pertanto ne rappresenti l’intendimento.
La nostra Associazione non è pregiudizialmente contraria a che i Commercialisti migliorino sempre di più le proprie competenze e siano in grado di fornire ai propri clienti ed alla collettività consulenze e prestazioni professionali di alto livello. Favorire le specializzazioni in materie con un elevato grado di complessità valorizzerebbe le relative competenze ed è peraltro quello che in molti Studi, già strutturati ed organizzati, sta avvenendo da alcuni anni.
Riteniamo però che sia innanzi tutto doveroso identificare quali specializzazioni. L’ADC ritiene che solo poche materie, e non comunemente praticate, possano assurgere al ruolo di “specializzazione”. Tutti noi ci occupiamo di fiscalità, di consulenza societaria, amministrativa o di procedure, pretendere di riconoscere giuridicamente solo ad “alcuni” queste specializzazioni significherebbe “togliere” competenze proprie della categoria.
Non dimentichiamo inoltre che la peculiarità ed il successo della nostra professione, che si è affermata e consolidata pressoché in assenza di esclusive, è stata quella di avere una formazione e competenza economico/giuridica a tutto tondo che ha garantito al commercialista di poter fornire una consulenza ai propri clienti, imprese e lavoratori autonomi in particolare, che potesse contemperare e armonizzare tutti gli aspetti della vita dell’impresa, da quello economico a quello civilistico a quello fiscale e previdenziale.
Ora questa è la peculiarità della nostra professione, la nostra specialità rispetto ad altre professioni, che non si deve perdere concentrandosi solo su singoli, seppur importanti, aspetti perdendo di vista la valutazione d’insieme.
Non è da sottovalutare inoltre il fatto che anche in molte realtà imprenditoriali nelle quali l’organizzazione del lavoro ha portato ad una specializzazione accentuate, ora si stiano rivedendo queste scelte, spostando l’attenzione verso una diversa aggregazione di competenze, che porti ad una conoscenza trasversale che meglio consente di identificare e risolvere i problem, proprio nell’ottica delle caratteristiche sopra descritte della nostra professione.
Entrando nello specifico di quanto attiene l’impianto dell’ Emendamento Art. 19, A.S.2942, riproposto nella Legge di Stabilità, che non ha superato il vaglio della Commissione al Senato, a nostro parere, si presentavano diverse criticità.
Le modalità identificate nell’emendamento non paiono condivisibili per i seguenti motivi:
- il titolo di specialista, secondo l’emendamento, sarebbe conseguibile solo ed esclusivamente dagli iscritti nella sezione A dell’Albo, con evidente disparità di trattamento tra coloro i quali iscritti nella sezione A, con il solo diploma di ragioneria, (a fronte della norma transitoria del DL 139/2005 art.61,c. 4 e art. 62), potrebbero accedervi e coloro i quali pur avendo conseguito una laurea triennale (esperti contabili), svolto il necessario tirocinio e superato l’esame di Stato, quindi un percorso formativo più lungo, non potrebbero accedervi, violando a nostro giudizio l’art 3 della Costituzione, (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.) e consentendo a chi in forza di una norma transitoria ed età anagrafica ha già conseguito un vantaggio concorrenziale, di accedere prima e con minor sforzo ad un titolo che si configuri come distorsivo del libero mercato e dannoso per i giovani.
- In secondo luogo l’emendamento concede ad un Ente terzo, le SAF (scuole di alta formazione) il rilascio del titolo di specialista. Le SAF, istituite dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed esperti contabili, sono enti di formazione, non soggetti ad alcun controllo pubblico ed al contrario di quanto avviene ad esempio per le professioni sanitarie, per le quali la specializzazione viene conseguita al termine di un percorso di studi omogeneo e svolto solo ed esclusivamente presso Università riconosciute, esse non sono soggette al controllo da parte del Miur, che ne certifichi il percorso formativo e l’effettivo conseguimento del titolo con imparzialità. Inoltre a nostro avviso, riconducendo solo a queste (SAF) la possibilità di progettare e realizzare il percorso formativo si viola palesemente la Legge della concorrenza e del mercato in relazione ai servizi formativi offerti e con essa l’art. 41 della Costituzione.
- In terzo luogo non appare condivisibile che un docente universitario debba essere considerate un esperto e quindi specializzato “tout court” senza, semmai, aver praticato la materia, ci sembra discriminante e niente affatto rassicurante.
- Inoltre ci sono colleghi che da decenni si occupano di peculiarità della nostra professione, ma non necessariamente queste rappresentano la prevalenza della loro attività “nell’ultimo quinquennio”, così come una anzianità di cinque anni ed un corso di 200 ore (ben 25 giorni, sicuramente oneroso anche economicamente) può garantire una buona preparazione teorica ma non necessariamente garantisce competenze specifiche, come gli anni di esperienza di cui sopra.
L’emendamento proposto prevede una modifica al decreto legislativo 28 giugno 2005, n.139, istitutivo dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli Esperti Contabili, inserendo un nuovo Art. 39 bis (Specializzazioni) che demandava esclusivamente ad un regolamento adottato dal Ministero della giustizia tutto l’aspetto della determinazione delle specializzazioni e sulle modalità di conseguimento delle stesse.
E’ previsto un previo parere del C.N., Ma questo non risulterebbe vincolante, per cui sarebbe in presenza di una sostanziale delega in bianco alla modifica di un decreto legislativo istitutivo di un ordine professionale a mezzo di un regolamento ministeriale e ciò non può essere ammissibile.
Diverse criticità continuano a persistere per quanto riguarda il conseguimento del titolo di specialista.
Nell’art. 39 bis proposto erano previste tre modalità:
- comma 3, lettera a) , da iscritti da almeno due anni nella sezione A dell’albo, all’esito della frequenza con profitto di percorsi formativi della durata complessiva non inferiori a duecento ore… (Ai sensi del comma 4 i percorsi formativi sono organizzati attraverso scuole di alta formazione istituite dagli ordini territoriali, anche di intesa fra loro, in collaborazione con le università…)
- comma 3, lettera b) da iscritti nella Sezione A dell’albo da almeno 5 anni che abbiano conseguito un diploma di specializzazione universitario ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982 n.162, ovvero la qualifica di professore universitario di ruolo in materie giuridiche ed economiche corrispondenti ai settori di specializzazione
- comma 3, lettera c) per comprovata esperienza, da coloro che abbiano maturato un’anzianità di iscrizione nella sezione A dell’albo da almeno 10 anni, previa adeguata dimostrazione dell’esercizio nell’ultimo quinquennio, in modo prevalente e continuativo, di attività professionale in uno dei settori di specializzazione secondo modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 1, che disciplina altresì la verifica dal parte del consiglio nazionale del possesso dei requisiti di cui alla presente lettera.
Dalla lettura del comma suindicato emergono due criticità e disparità forti:
- una di carattere generazionale, occorrono 2 anni di iscrizione nella sezione A dell’albo per poter conseguire il titolo ai sensi delle lettere a) e b) e 10 anni ai sensi della lettera c).
- l’altra di carattere soggettivo / organizzativo: quali sono i commercialisti che possono “ …dare adeguata dimostrazione dell’esercizio nell’ultimo quinquennio, in modo prevalente e continuativo, di attività professionale in uno dei settori di specializzazione …” forse i componenti di qualche grande studio di una qualche grande città, in cui la concentrazione di pratiche “specialistiche “ puo’ garantire a qualche commercialista tali requisiti; ma poi come determinarlo, ad esempio in un grande studio associato o stp in cui il fatturato è complessivo ed ll reddito è attribuito ai soci o associati non in base al numero o valore delle pratiche ma in base alle quote di partecipazione che possono essere state determinate a prescindere dalla prestazione svolta?
Certamente non avrebbero problemi nè di tempi nè di modalità di dimostrazione di competenze specialistiche coloro che sono indicati nella lettera b) e cioè chi ha conseguito un diploma di specializzazione universitario ovvero la qualifica di professore universitario di ruolo, che potrebbero immediatamente fregiarsi del titolo di specialista, ma se per svolgere la nostra professione occorre un tirocinio professionale di 18 mesi, nel caso delle specializzazioni lo studio è sufficiente? L’esperienza e la pratica non sono ritenute necessarie?
E’ evidente che tutto quanto sopra creerebbe una disparità di trattamento fra gli iscritti al nostro Albo.
Concludendo si ribadisce che non si è contro la sempre maggior preparazione degli iscritti al nostro Albo né contro le scuole di alta formazione che anzi possono essere utili in particolare per approfondire adeguatamente tutte le nuove materie e necessità che la complessità e velocità del cambiamento anche in campo economico rendono necessari e che non vengono colmate immediatamente dalla modifica dei corsi universitari e dalle materie di esame necessario per ‘esercizio della nostra professione.
Siamo però anche dell’avviso che una modifica del nostro ordinamento professionale, con effetti che possono essere dirompenti per la categoria, palesamente in contrasto con la Legge sulla concorrenza e del mercato, con non possa avvenire sostanzialmente con un regolamento ministeriale, di cui non si conoscono i contenuti, e introdotto con un emendamento ne ad un decreto fiscale ne alla Legge di Stabilità.
Come l’introduzione del nostro nuovo ordinamento professionale è stato preceduto da un ampio confronto e dibattito fra tutti gli iscritti, il Consiglio Nazionale e le associazioni sindacali di categoria ed anche dalle nostre casse di previdenza , anche la sua modifica deve essere oggetto di costruttivo confronto fra tutti in maniera tale che sia ampiamente condiviso ed in particolare che sia chiaro e applicabile al momento della sua introduzione consentendo a tutti gli iscritti al nostro Albo pari opportunità.
La Giunta nazionale ADC
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